La Tragedia del Grande Torino a Superga

4 Maggio 1949 L’aereo del Grande Torino, si  schianta sulla collina di Superga.

 Sono passati più di 70 anni (alla data dell’articolo) dalla tragedia del grande Torino. “Il Grande Torino”, una squadra leggendaria, destinata a rimanere tale per sempre.

Mentre Gunnar Nordal, segnava i suoi primi gol nel Campionato Italiano 1948-49, Il Torino si avviava a vincere il suo quarto scudetto consecutivo. Venne a Milano per giocare una decisiva partita con l’Inter che si chiuse 0-0 e tagliò così ai nerazzurri le speranze di poter raggiungere i granata in vetta alla classifica. Dopo quella partita il Torino partì per Lisbona dove giocò in onore del grande campione portoghese Ferreira, perse per 4-3 e non fece più ritorno.

Inter-Torino 0-0 L’ultima apparizione in campionato del Grande Torino
I Capitani del Portogallo, Francisco Ferreira e dell’Italia, Valentino Mazzola

All’indomani di quella partita di Lisbona, esattamente il 4 maggio 1949, tutta la comitiva del Torino, con tre giornalisti torinesi che l’avevano seguita,  si accingeva al volo che avrebbe dovuto portarla in patria.

Valentino Mazzola

Proprio nel cielo di Torino, doveva avvenire la crudele catastrofe. L’aereo volteggiava in attesa del momento buono per l’atterraggio, ma le condizioni atmosferiche erano pessime, i radar non erano ancora in funzione, il pilota non si accorse che l’aereo stava puntando verso la collina di Superga. Esattamente alle ore 17.05 ci  fu lo schianto orribile, un rogo tragico, una immane sciagura.

L’aereo andò in frantumi. Non vi furono superstiti. Trovarono la morte in quella terrificante tragedia che sconvolse dal dolore tutta l’Italia (e non solo quella sportiva) diciotto Giocatori:

Bacigaluppo

Il portiere del grande Torino – Valerio Bacigaluppo.

I Fratelli Ballarin

Aldo e Dino Ballarin del Grande Torino Scomparso

Emile Bongiorni

Il Francese del grande Torino – Emile Bongiorni

 


Castigliano

Eusebio Castigliano del Grande Torino

Faldini

Rubens Faldini

Gabetto

Gabetto in azione
Guglielmo Gabetto
Loik, Gabetto e Mazzola

Grava

Ruggero Grava

Grezar

Giuseppe Grezar


LOIK

Al centro, la storica mezzala del Torino e della Nazionale – Ezio Loik

Mezzala di grande qualità che, dopo aver iniziato a giocare a calcio nella sua città natale, divenne con il passare del tempo vero e proprio perno del Grande Torino. Prelevato da Feruccio Novo insieme al compagno di squadra Valentino Mazzola ai tempi del Venezia, nel ’42, Loik contribuì al raggiungimento di tutte le imprese compiute da quella squadra entrata nella leggenda. La sua storia terminò, così come quella di molti suoi compagni di squadra, a Superga il 4 maggio 1949, quando il disastro aereo portò via tante giovani vite, facendole diventare ‘mito’. Oggi, Ezio Loik avrebbe più di 100 anni.


Maroso

Figurina Panini del 68-69 celebrativa del grande Torino – Virgilio Maroso
Virgilio Maroso
maglia di Virgilio Maroso esposta al museo del Calcio della FIGC

Lmaglia di Virgilio Maroso (dono di Bruno Giorgi ed esposta al museo del calcio della F.I.G.C), indossata in occasione della tournée in Brasile nell’estate del 1948.

Virgilio Maroso in azione

Martelli

Danilo Martelli

Portando via, durante un’amichevole, il pallone a Gudmundsson e dribblandolo non fece più toccare palla allo svedese del Milan; così l’undici settembre del 1948 Danilo Martelli si candidò per diventare un titolare nel Grande Torino.


Mazzola

Il Capitano Mazzola
Valentino Mazzola Grande Torino
Il mito di Valentino Mazzola

Una delle squadre di calcio più forti di sempre, a detta di tutti gli esperti e gli appassionati è stata il Grande Torino. A cavallo degli anni ’30/’40, agli albori del calcio italiano, era la squadra che dominava in lungo e in largo nel nostro territorio.

Ci riferiamo ad un calcio dal sapore antico, nostalgico, ma pur sempre calcio e, dunque, competitivo per definizione. Uno degli esponenti più brillanti di quella compagine gloriosa si chiama Valentino Mazzola. Un nome, una leggenda.

Il suo buon nome riecheggiava e riecheggia ancora nelle cronache calcistiche in maniera ricorrente, per quello che ha dato e per quello che ha fatto. Un nome, una garanzia sotto il profilo tecnico. 

Nella concezione moderna del suo ruolo, oggi sarebbe stata una mezzala, anche se all’epoca fungeva molto da ala destra che svariava praticamente per tutto il campo e fu successivamente spostato verso il centro del campo.

Che fosse attaccante o centrocampista, poco importa perché in campo la presenza di Valentino Mazzola si faceva sentire eccome.

La sua famiglia rappresenta una vera e propria dinastia del pallone, considerando ciò che hanno fatto nel tempo i suoi 2 figli, Ferruccio e Sandro.

Valentino insieme al figlio Sandro Mazzola, futuro campione dell’Inter

Nel 1943, Mazzola si trasferisce al Torino, rendendosi il giocatore leggendario che ricordiamo oggi. Con quella mitica squadra ha scritto letteralmente la storia del calcio, conquistando 5 campionati consecutivi, 1 Coppa Italia e 2 volte il titolo di capocannoniere. In una di queste, 2 volte segna ben 29 gol in 38 partite e stravince rispetto alla concorrenza. Non male per uno che faceva fatica a segnare agli inizi della carriera.

Lui è l’uomo simbolo di quella squadra. Un giocatore dotato di un’intelligenza calcistica sopraffina che soltanto il tristemente noto 4 maggio 1949, giorno della tragedia di Superga, ce lo ha portato via troppo presto. L’aereo su cui viaggiava il Grande Torino si schiantò sulla collina di Superga, per l’appunto, mentre era di ritorno da un amichevole disputata in Portogallo. Ed è incredibile, perchè da sempre Valentino aveva paura di viaggiare in aereo.

Un grandissimo rimpianto per il calcio italiano e mondiale, considerando la giovane età (Valentino Mazzola aveva 30 anni all’epoca) e il contributo che avrebbe potuto ancora dare sul campo.

Nella sua esperienza con il Torino segna comunque 118 gol in 195 partite (arriviamo a 123 gol in 200 partite con la coppa Italia), una media fuori dal comune!

Da bambino giocavo a pallone perché mi piaceva, non ho mai pensato di farlo perché mio papà era un calciatore. Mi piaceva andare all’oratorio, giocare con gli amici, era proprio una passione.

Essere una bandiera significa che quando la gente ti vede pensa alla tua squadra e quando vede la sua squadra sa che c’è un comandante, uno che insegna anche agli altri. Tutte le grandi squadre hanno sempre avuto qualcuno che era quello che dava l’esempio. E’ la cosa più importante.

Sandro Mazzola

Sandro Mazzola sul Padre Valentino

La Tragedia

Mi hanno portato a casa di amici per non farmi sentire e vedere cosa era successo. Lo scoprii andando a comprare il pane dal fornaio. Mentre stavo uscendo dal negozio il panettiere raccontò ad un altro cliente chi ero e cosa successe a mio padre.

A quel punto scoppiai a piangere e corsi a casa più veloce che potevo, sperando che quello che avevo sentito non fosse vero.

Dopo quella tragedia cambiò tutto, lasciammo Torino, io tornai prima a Cassano D’Adda, poi mi mamma si risposò con quello che sarebbe diventato il mio secondo padre e andammo a vivere a Milano, nella zona di Porta Ticinese, in via De Amicis. La zona che allora era quella dei contrabbandieri di sigarette. Quando il prete ci confiscava il pallone perché giocavamo vicino alla Chiesa, noi andavamo a rubare le sigarette proprio ai contrabbandieri in modo da recuperare i soldi per comprare un nuovo pallone. Facevamo delle fughe incredibili per non essere presi.

Sandro Mazzola con la maglia dell’Inter

Quello che ho capito poi, è che per gli italiani quel Torino rappresentava la rinascita dopo la guerra e dopo la miseria, e che ricominciava finalmente la vita. Il Toro era l’esempio di come si poteva far rivivere il Paese vincendo, non le partite, ma la vita.

Fonte SKY Sport


Menti

Figurina Panini di Romeo Menti

La tomba di Romeo Menti

Operto

Piero Operto – Grande Torino

Ossola

Franco Ossola con la maglia del Grande Torino

Rigamonti

Mario Rigamonti in maglia granata – Grande Torino

Shubert

Julius Shubert – Grande Torino


Gli allenatori Egri ErbsteinLeslie Lievesley
Il massaggiatore Ottavio Cortina
I dirigenti Arnaldo AgnisettaAndrea Bonaiuti ed Ippolito Civalleri.

Morirono inoltre tre dei migliori giornalisti sportivi italiani: Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti (Gazzetta del Popolo) e Luigi Cavallero (La Stampa) ed i membri dell’equipaggio Pierluigi Meroni, Celeste D’IncaCeleste Biancardi e Antonio Pangrazi.

Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede.
E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto:
è soltanto in trasferta
.

INDRO MONTANELLI


Il tragico schianto di Superga, che troncava la vita ai più bravi atleti del calcio Italiano, ebbe un eco di vastissima commozione in tutto il mondo. La sera stessa il Governo italiano sospese in segno di lutto la seduta che aveva in corso.

 

Tutta l’Italia pianse commossa i suoi campioni perduti. Il presidente del C.O.N.I nel rivolgere le proprie condoglianze in una trasmissione radio: << E’ scomparsa senza scampo una magnifica squadra che era il nostro orgoglio e che era giunta ad un alto grado di tecnica e di bravura attraverso anni e anni di preparazione e di sacrifici>>.

Grande Torino – Gli eroi sono immortali

Le mogli, i figli dei caduti ricevettero attestazioni di amicizia e di commozione da parte di tutti gli italiani. Vittorio Pozzo (C.T della Nazionale Italiana Campione del mondo nel 1934 e 1938), ebbe il doloroso incarico di tentare di riconoscere le vittime dopo lo schianto dell’aereo contro la collina di Superga. Anche i giornalisti caduti ebbero onori e riconoscimenti come si meritavano.

Torino – Palazzo Madama il giorno dei fuberali del Grande Torino

I funerali ebbero luogo due giorni dopo il disastro, esattamente il 6 maggio del 1949. Tutta la popolazione di Torino, tutti i labari delle squadre calcistiche italiane e tutto il mondo dello sport seguirono la lenta marcia di cordoglio dei feretri. L’Italia pianse commossa. In una gara di solidarietà parteciparono molte società calcistiche nazionali e straniere, offrendo la loro collaborazione e anche alcuni loro giocatori perchè il Torino potesse rinascere il più in fretta possibile nel nome dei suoi indimenticabili campioni scomparsi. L’unico neo di tutta questa dolorosa vicenda venne rappresentato dalla contesa giudiziaria che sorse tra i parenti dei campioni scomparsi e la Società e la compagnia aerea dall’altra: La vertenza doveva concludersi dopo alcuni anni e senza la completa soddisfazione delle parti.

Dopo la sciagura

Il 7 maggio, sabato, cioè alla vigilia della ripresa del campionato, si svolse a Torino una seduta straordinaria del Consiglio Federale, il quale deliberava di accogliere il suggerimento di alcune società (Inter, Milan, Padova, Palermo, Venezia) di assegnare il titolo di Campione d’Italia 1948-49 al Torino. Veniva pure deciso di devolvere a favore delle famiglie dei caduti l’incasso della partita Italia-Austria e di far svolgere alla domenica la 35° giornata di campionato ad eccezione della partita Torino-Fiorentina, mentre la società granata venne autorizzata a partecipare alle ultime quattro giornate con la squadra dei ragazzi. Il Torino, dunque, per la conclusione del Campionato, mandò in campo la squadra giovanile alle quali le altre società opponevano le loro squadre più giovani. La prima partita ufficiale del giovane Torino dopo la tragedia, vide un successo granata per 4-0 sul Genoa. Anche le restanti partite vennero tutte vinte dal Toro che divenne campione con un totale di 60 punti in classifica, contro i 55 dell’Inter e i 50 del Milan.

La Nazionale, senza i campioni granata, rispettò i propri impegni e giocò la sua prima partita dopo la sciagura il 22 maggio a Firenze contro la Nazionale Austriaca.

Il C.T Ferruccio Novo.

Il C.T della Nazionale Ferruccio Novo costretto a rinnovare completamente i ranghi, mandò in campo la seguente formazione:

<< Franzosi (inter); Bertuccelli (Lucchese); Rosetta (Fiorentina); Annovazzi (Milan); Tognon (Milan); Fattori (Inter); Boniperti (Juventus), Lorenzi (Inter); Amadei (Inter), Cappello (Bologna); Carapellese (Milan). Era una Nazionale con quattro centravanti in prima linea e gli Azzurri scesi in campo emozionati, nervosi, coscienti soprattutto dell’alto significato morale della loro presenza in Nazionale nel nome e nel ricordo degli amici scomparsi, giocarono una gara estremamente puntigliosa e riuscirono a vincere abbastanza nettamente per 3-1. I golagli austriaci furono di Cappello, Amadei e Boniperti.

 

Il Grande Torino, si sa, non è stato un fenomeno solo italiano. Le gesta e la storia di quella squadra hanno avuto un’eco internazionale unica per quei tempi, in cui i mezzi di comunicazione non erano lontanamente paragonabili a quelli di oggi. Nonostante siano passati ormai 67 anni, non sono solo i tifosi granata a conservarne il ricordo; da molti Paesi dell’Europa e del Mondo arrivano, ogni Quattro Maggio, testimonianze di rispetto e sensibilità per una squadra che ha scritto la storia dell’Italia, calcistica e non.

Il Dopo…

La ricostruzione del Torino, apparve lenta, difficile, non priva di difficoltà tecniche e organizzative. Del resto, dopo l’immane tragedia, era anche logico che ciò si verificasse. Il presidente del Torino, Ferruccio Novo (che era anche il responsabile delle squadre nazionali) tentò tette le strade per dare immediatamente alla Società granata una squadra dignitosa, ma è evidente che il Torino affrontò il campionato 1949-50 in condizioni di disagio e di difficoltà anche se la sua classifica finale (un sesto posto su venti squadre, a ventun punti dalla Juventus) lo aveva visto galleggiare in posizioni rispettabili. Ma al di là delle considerazioni umane e particolari, la scomparsa del Torino rappresentò un fatto tragico anche per il Calcio Italiano, per il suo valore tecnico, per l’esempio i granata davano a tutti e che non esisteva più. Il Torino, infatti tranne rare eccezioni di atleti stranieri che tuttavia avevano il ruolo di semplici riserve o comunque di comparse, era una squadra formata da tutti italiani e il significato propagandistico per tutto il calcio era sicuramente di grande portata. Il Torino per quattro anni aveva vinto lo scudetto e lo aveva vinto unicamente con atleti italiani senza ricorrere alle importazioni come cercavano di fare le sue concorrenti.

In oltre i 100 anni della storia più di 800 giocatori hanno vestito la maglia del Torino.


Curiosità:

 <<È scomparso nel 2008 all’età di 84 anni quello che con ogni probabilità fu il primo giocatore, straniero, in rosa del grande Torino. Josef Fabian, “Nato in Romania il 10 agosto 1923,  in occasione della partita contro i campani della Salernitana, Fabian sostituiva Franco Ossola”.>>

Aveva militato nel grande Torino, 2 anni prima della tragedia per poi trasferirsi al Bari retrocedendo di ben 2 categorie in breve tempo.

Riportiamole lancette fino al 16 novembre 1947.

Fabian con la maglia rossonera della Lucchese.

“La Salernitana, durante quella stagione, era tra i nomi di punta del campionato. Fiera, febbrile, indomita e scatenata, si faceva notare per un gioco svelto e coraggioso. Non mancò chi la definì addirittura “Torino del Sud” tanto era capace di svettare e imporsi sugli avversari. Ma per quanto il club fosse considerato tra i più promettenti del periodo, giocare contro i campioni del Grande Torino era un’impresa davanti alla quale chiunque si sentiva scoraggiato.

“L’accoglienza degli Invincibili fu trionfale: prime tre reti da parte di Gabetto, Loik e Menti, seguite dal gol della Salernitana a pochi minuti dall’intervallo. Nel secondo tempo vi furono altri due gol di Loik e uno di Grezar, prima che l’arbitro Giovanni Galeati fischiasse tre volte per annunciare la conclusione della partita.

“L’aneddoto curioso è legato al fatto che il fischio finale avvenne cinque minuti prima del novantesimo minuto. Galeati, che tra l’altro aveva pure militato nella Salernitana tra il ’21 e il ’22, si accorse dell’errore commesso quando alcuni giocatori erano già sotto la doccia. Non per questo evitò di far riprendere la partita, così che si giocassero i restanti minuti. Certo, recuperare uno scarto di cinque gol in cinque minuti non era materia da considerare fattibile neanche per scherzo. Ad ogni modo, i giocatori scesero in campo e fecero finta di impegnarsi. Tutti tranne Josef Fabian. Nato in Romania il 10 agosto 1923, era il primo giocatore straniero in rosa. In occasione della partita contro i campani, Fabian sostituiva Franco Ossola. E cosa combinò? Si ritrovò il pallone tra i piedi e a pochi metri dalla porta. L’occasione era troppo ghiotta perché il buon senso trionfasse sulla brama di segnare. Così tirò e fece gol. Ma al posto di ottenere un’ovazione come si sarebbe aspettato, si guadagnò occhiatacce di rimprovero da parte dei tifosi, dei compagni e degli avversari all at once.

“Vincenzo Margiotta, attaccante del cavalluccio marino, offrì una testimonianza preziosa riguardo a ciò che avvenne in quegli ultimi minuti di gioco:

“Mazzola ci disse di tornare in campo per onor di firma con un patto di non belligeranza. Accettammo tacitamente tutti, il risultato era ormai scontato. Chi era sotto la doccia, si rivestì e tornò in campo. Gli spalti erano ormai semideserti ma riprendemmo a giocare. Dopo due minuti, l’ala torinista Fabian trafisse il nostro portiere Masci dopo aver superato i miei compagni di reparto immobili. Segnò il 7-1. Non mancarono le nostre proteste, peraltro molto amichevoli, a capitan Mazzola. Il buon Valentino, con un sorriso disarmante, rispose ‘scusateci ma Fabian è straniero e non ha capito bene l’italiano. Vuol dire che quando verremo a Salerno, ci darete un gol in più’. Tutto si chiuse con una stretta di mano”.
La carriera granata di Fabian durò soltanto per quell’unica stagione, ma sarebbe un errore arenarsi a credere che ciò fosse dipeso da quel singolo momento di euforia che ancora ricordiamo con un sorriso.

Se il Torino non si fosse schiantato sulla collina, probabilmente non si sarebbe nemmeno verificato quell’assillante, frenetica, inarrestabile caccia ai campioni stranieri. Se si vuole essere obiettivi sino in fondo bisognerà pur dire che molti campioni di importazione, hanno rappresentato non solo un esempio di interpretazione professionistica del mestiere di calciatore, ma anche un importante esempio tecnico per i giovani che si avvicinavano al calcio. Vennero infatti in Italia campioni di grandissima classe e di ottimo stile e il nostro campionato risultava qualitativamente e spettacolarmente il più affascinante e il meglio giocato del mondo. Alle folle piaceva questa formula di calcio-spettacolo, ma è indubitabile vche le maglie all’importazione erano troppo larghe e chi si permetteva a troppi stranieri di venire da noi a praticare il calcio soffocando così le forze giovanili dei vivai Italiani. Sarebbe stata necessaria una maggior  misura ed un controllo più attento; ma le Società erano sempre più presenti e così, subito dopo la scomparsa del Torino, il campionato 1949-50, divenne il festival del calciatore straniero.

Cosa sarebbe stato il Grande Torino se non fosse scomparso prematuramente? Una leggenda, anche se forse leggenda difatti già lo è…

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  • Vedute d'Autore®, è associazione culturale gruppo fotografico di Abbiategrasso. Nato nel 2010 senza scopo di lucro, ha tra i suoi obiettivi principali, la passione per la fotografia e la condivisione degli eventi e le attività attraverso i moderni strumenti di social networking online (blog, facebook, ecc) e più tradizionali (sito web).

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